Accogliere Dio in un bambino. È la sfida del Vangelo agli uomini e alle donne di ogni tempo; oggi è la sfida rivolta a ciascuno di noi. Se Dio è Dio non può essere che a misura di Dio: grande, immenso, infinito, eterno, sicuramente potente, meglio ancora: onnipotente! Altrimenti che Dio è?
È la nostra quotidiana tentazione, segreta o palese.
Quale religione può fare storia, avere successo, se manifesta la piccolezza del suo Signore. È lo scandalo del Natale? Il natale, così come è vissuto, è già un mezzo imbroglio: è lo scandalo dell’incarnazione! Dio che si fa uomo.Ogni persona che si rispetti tende a farsi grande, a porsi al di sopra degli altri, a sentirsi un mandato da Dio a dominare la storia con potenza.
Dio, volendo riscattare l’umanità dai suoi molti limiti, scende da cielo. Viene ad abitare la terra. Prende dimora nella carne e nel corpo di una donna. Si fa uomo, ma uomo nato da donna. Non per merito dell’uomo ma per virtù dello Spirito santo. Questo Dio bambino crescerà e, divenuto Messia, ci rivelerà il volto e il cuore di Dio abbracciando un bambino.
Non perché il bambino è sempre buono. Non perché il bambino è sempre innocente. Ma perché è sempre fragile e vive sole se accolto e amato. SILENZIO.
Chi accoglie lui, accoglie me. Chi abbraccia il piccolo abbraccia me. Chi accoglie con amore la fragilità dell’altro viene abbracciato da Dio. L’abbraccio come il perdono non si merita e non si compra, lo si può ricevere solo per – dono. ABBRACCIO E LODE.
Accogliere, verbo che genera il mondo come Dio lo sogna. Il nostro mondo avrà un futuro buono quando l’accoglienza, tema bruciante in questi giorni su tutti i confini d’Europa, sarà il nome nuovo della civiltà; quando accogliere o respingere i disperati, i piccoli, sia alle frontiere, sia alle porte di casa o dentro la stessa casa, sarà considerato accogliere o respingere Dio stesso.
Il Vangelo non dice che i bambini sono sempre buoni o più buoni degli adulti, dice semplicemente che possono vivere solo se amati e accolti, i bambini sono portatori di futuro, sono capaci di stupore, perché sono pronti al sorriso prima ancora di essersi asciugati le lacrime, perché loro, più di chiunque altro, hanno bisogno di paternità e di maternità e sanno regale affetto e fraternità a chiunque, a prescindere dal colore della pelle. Basta vederli a scuola! Sono maestridi accoglienza con tutti e per tutti. Da loro si può imparare a sognare il futuro prossimo che sta venendo.
Questo è molto importante per noi che ci apprestiamo, con il vescovo Franco e tutta la comunità ecclesiale ad iniziare un nuovo anno sulle orme del Vangelo. Facciamo nostro l’invito di papa Francesco a vivere la gioia del Vangelo, la Buona Notizia che sostiene il nostro quotidiano, imparando a vivere una Chiesa capace di sognare e di seminare gioia di vivere e fiducia nel futuro.
Il più celebre discorso di Martin Luther King iniziava così:”Io ho un sogno … “. il sogno è un desiderio profondo che prende forma di narrazione. Con la sua vita Gesù viene a narrarci il sogno di Dio e a risvegliare lo stesso desiderio che dorme dentro ognuno di noi. Il giusto ha gli stesisogni di Dio.
Come Giuseppe, lo sposo di Maria, il carpentiere che ha le mani callose perchè sa fare bene il proprio lavoro, e ha il cuore acceso, per seminare nelle cose che fa un progetto più alto e lungimirante, lavora bene nel presente perché sogna il futuro. Cos’è in fondo “il Regno di Dio” se non il mondo nuovo, più vero, più giusto, più umano, più fraterno e solidale, che Dio perennemente sogna e rende possibile?
Sogniamo anche noi amici! Sogniamo e impegniamoci veramente tutti per sentirci parte attiva di una Chiesa che non si accontenta più di attendere ma che impara faticosamente ad andare incontro; una Chiesa finalmente povera, consapevole di non saper guarire tutte le ferite, non smette di prendersene cura e di riscaldare i cuori, di riaccendere speranze in chiunque vive una vita ferita.
Una Chiesa che sa piangere e accarezzare le ferite, che sa gioire e coltivare sogni di futuro, che non si nasconde. Una chiesa che non ha nulla da pretendere ma molto da offrire, che non si contrappone agli altri con conflitti teorici, ma che si immerge nella fatica di tutti e di ognuno quotidianamente. Imparando dai piccoli e dai poveri a sognare e a costruire un mondo migliore.
Se il Signore abbraccia i bambini e si china sui paralitici, rialza i caduti e dice alle prostitute e ai pubblicani: “d’ora in poi ama veramente e cura seriamente la tua vita “. Se Francesco d’Assisi abbraccia e bacia i lebbrosi del suo tempo, anche noi siamo chiamati a sognare una Chiesa che cammina a piedi nudi e con il grembiule del servizio, senza paludamenti e apparati, una Chiesa che diviene autorevole non per la potenza della sua dottrina, ma per la misericordia di cui è capace; una Chiesa per la quale gli unici principi non negoziabili sono la sacralità e la dignità di ogni persona.
In questo tempo ferito e disumanizzato dall’indifferenza, sia la Chiesa sempre più capace di abbracciare questo mondo che non ha soltanto bisogno di giudici più o meno intransigenti, ma di samaritani generosi e autentici.