Un cuore senza ambiguità

Domenica scorsa, parlavamo della richiesta del giovane Salomone al Signore la notte prima di essere incoronato re di Israele.” Donami un cuore che ascolta “, oggi, tutti noi, vorremmo chiedere al Signore :” donaci un cuore senza ambiguità “.

Gesù sta cercando di ricucire lo strappo che ha lacerato l’animo dei suoi discepoli, lo scontro sul “ Pane dal cielo che da la vita al mondo “, non è stato capito dai discepoli e, a parte quelli che se ne sono andati, neppure quelli che ancora lo seguono, hanno veramente capito il messaggio. E Gesù li interroga mentre camminano. Anche questo è un segnale importante; al Signore non importano risposte esatte, a Lui interessa un cuore attento e assetato di infinito, la fede matura camminando nella vita.

Collocare l’identità del Signore dentro il passato, definirlo dentro i criteri e i limiti del nostro sapere, incastonarlo dentro formule della memoria o della filosofia può essere utile ma non basta. Il Signore non è a nostra immagine, a nostra somiglianza, secondo i nostri bisogni o le nostre paure. 

Perfino la prima risposta di Pietro, apparentemente così puntuale e precisa, giusta e bella, tradisce il suo bisogno e le sue paure e, Gesù la rifiuta e, Simone Pietro, colui a cui il Signore risorto affiderà la sua chiesa nascente, è l’unica persona al mondo a cui Gesù abbia detto :” Tu sei satana, tu mi sei di scandalo “  tu sei un problema, cammina con me, ascolta, impara.

E cominciò il Signore a insegnare cose che ai discepoli non piacevano, cose che non sono mai piaciute lungo i secoli, cose che, a molti non piacciono neppure oggi. Gesù chiede ai suoi una vera conversione, un cambio di mentalità e una purificazione del proprio cuore, altrimenti restiamo e viviamo in un mare di mediocrità. 

Servire, caricarsi dei pesi degli altri, curare le ferite del prossimo, abolire dal nostro cuore e dal nostro linguaggio la distinzione tra i nostri e gli altri, riconoscerci tutti fratelli e sorelle, tutti figli dell’unico Padre, imparare a vivere i nostri ruoli affettivi, sociali, economici, politici, religiosi non come espressione o ricerca  di potere ma come servizio; innamoraci seriamente della sobrietà e, soprattutto, amare e servire la realtà e la dignità dei poveri, dei fragili, degli invisibili, degli ultimi.

Non solo come scelte personali ma collettive, ecclesiali, comunitarie, politiche. Non dimentichiamolo mai, amici! Se Gesù fosse stato semplicemente una brava persona, un buon predicatore, un guaritore di malati e un moltiplicatore di pane, non sarebbe mai stato assassinato dal potere civile, militare, religioso.

E non è vero che Lui, il Signore Gesù non abbia mai fatto politica al suo tempo. Certamente  non ha invento un partito, non ha fatto le scarpe a Erode, non ha minacciato l’impero romano opponendogli un esercito più forte delle sue legioni, ma stava cambiando il cuore della gente rivelando il sogno di Dio, insegnando che nessuno può dominare sull’altro, perché siamo tutti uguali, che nessuno può dichiararsi padrone di qualcosa perché la terra è di tutti, che non ci sono sacri confini da difendere con la forza e con la vita  perché, nel progetto di Dio che è rivelato come il Padre, l’unica realtà sacra è la vita e la dignità di ogni persona.

A volere la morte di Gesù non è stata la volontà del Padre, non è stato il riscatto del debito di Adamo, non è morto in croce per placare l’ira di Dio;  la morte in croce di Gesù è stato un omicidio politico perché fatto dai romani, ed è stato un omicidio religioso perché voluto dai grandi sacerdoti del tempio con l’applauso della folla. Perché? Perché il suo insegnamento minava le basi del sistema imperiale e teocratico profondamente ingiusto. È quello che ancora succede oggi, quando i cristiani, cioè i discepoli credenti e credibili del signore Gesù fanno le cose sul serio.

Ma il Padre lo ha risuscitato, nessuna morte può uccidere la vita vera. e Lui, il Signore Gesù è la vita. Lo ha detto Lui: “ io sono la Via, la Verità, la Vita. Chi segue me ha la vita eterna e io lo risusciterò “. Gv. 14, 1 – 12.

Oggi noi, come discepoli del Signore Crocifisso  dagli uomini ma risuscitato dal Padre, abbiamo una sfida da vivere in faccia al mondo, sfida sulla quale si gioca la nostra sincerità ogni volta che ci rivolgiamo a Dio chiamandolo Padre, come Gesù ci ha insegnato.  In molti ci parlano della necessità di guardare al futuro, di non rimanere ancorati e, ancora meno, prigionieri del passato. Ci dicono che i giovani sono la nostra vera possibilità di futuro.

Ebbene, nel nostro Paese ci centinaia di migliaia, alcuni dati ci parlano di un milione e mezzo di bambini,  adolescenti, giovani, nati in Italia, cresciuti in Italia, che vanno a scuola in Italia, lavorano e fanno sport in Italia, che non nono profughi, non sono immigrati, non sono stranieri perché sono nati a cresciuti in Italia a cui però è negato il diritto di essere italiani. Avremo, noi cristiani, noi che ci rivolgiamo a Dio chiamandolo Padre, avremo il coraggio di sentirli nostri fratelli e nostre sorelle, italiani come noi?

Siamo anche noi sulla strada, e il Signore oggi ci sta chiedendo: “ non mi importa quello che pensano gli altri, voglio capire quello che pensi tu “.  Sono tuoi fratelli e sorelle  oppure no? “