“ Le mie pecore ascoltano la mia voce, io le conosco ed esse mi seguono ” Ascoltare è una delle virtù più difficili con cui siamo chiamati a fare i conti. Ci è facile parlare, facile giudicare, condannare e perfino assolvere o insultare, ma ascoltare no. Ascoltare è difficile.
La Bibbia ci parla del giovane Salomone che, la notte prima di essere incoronato re, è preso dalla paura e prega. Dio gli dice:” chiedimi ciò che vuoi e te lo darò”. Il giovane chiede al Signore:” donami o Signore un cuore che sappia ascoltare”.
Nella seconda lettura, la Parola di Dio, ci fa vedere come dovrebbe essere il mondo. Non ci dovrebbe più essere morte, né lamento, né pianto di solitudini e di paure, nessuno dovrebbe mai sentirsi escluso e umiliato. Non ci dovrebbero essere né guerre e neppure iniquità. Questo cercano di fare, questo è ciò che dovrebbero fare, i pastori, almeno quelli veri.
Pastori, nel linguaggio di Gesù sono tutti coloro che hanno responsabilità di guida e di protezione; sono i sacerdoti del tempio e i governanti dei popoli; oggi diremmo anche i grandi manager pubblici, i responsabili dell’economia e della salute, del lavoro e della cultura, i difensori dell’ambiente e del patrimonio valoriale, impegnati a condurre i loro popoli verso una vita buona e vera, una vita piena e possibilmente felice.
Non ci interessa, non in questa sede almeno, esprimere giudizi verso alcuno. Ci interessa molto invece ascoltare il grido del povero che invoca aiuto, dell’oppresso che rivendica giustizia, del maltrattato che esige rispetto. Perché i veramente poveri hanno poca voce. I veramente maltrattati hanno poca forza, i veramente umiliati hanno poca visibilità. Ci vuole un grande cuore per sentire le loro voci e vedere le loro ferite.
E non basta essere pastori, non garantisce molto avere dei pastori; ci vuole l’impegno di tutti per essere più Popolo e meno gregge. In fondo i pastori vivono della vita del proprio gregge o popolo, mungono, tosano, del gregge si nutrono; ci occorrono pastori che non tolgano mai la vita ma che la custodiscano. Io, dice Gesù, do la mia vita per loro, per questo ascoltano la mia voce.
Non basta avere un pastore anche buono, credo sia necessario per tutti, veramente per tutti sentirci un po’, almeno un po’, custodi del bene proprio e del bene di tutti. Non basta la delega a qualcuno che pensa per noi, non basta l’uomo forte, ola donna intrepida, che protegge tutti, risolve i problemi di tutti, soprattutto pensa e decide per tutti. Occorre che tutti e ognuno ci sentiamo sempre più responsabili del bene comune.
Sentirci responsabili di questa terra, di questo Paese, di questa Città che meritano di essere amati un po’ di più. Custodirne la ricchezza naturale e culturale. Ritrovare la preziosità delle nostre radici umanistiche e religiose, nutrirci di ciò che veramente vale e fa crescere la dignità e la fierezza di un popolo, imparare a non vergognarci delle nostre generosità.
Amare il prossimo, soprattutto il prossimo scartato perché diverso, non è segno di debolezza ma di vera forza; perché non i mai il coraggio ma la paura a renderci arroganti. Avere un rispetto grandissimo per tutte le opinioni e anche le religioni, al tempo stesso amare e vivere gioiosamente la propria fede.
È vero che viviamo in tempi difficili, ma non più difficili di altri tempi; siamo figli di una generazione di padri e madri che hanno vissuto in tempi molto più difficili dei nostri, eppure hanno avuto la forza e la dignitosa fierezza di non arrendersi. Loro, i nostri padri e le nostre madri non hanno ceduto alla tentazione di trasformare i più deboli in un capro espiatorio, per i nostri padri e le nostre madri la solidarietà e la compassione erano valori irrinunciabili.
Avevano certamente dei grandi pastori, orgogliosi e fieri delle proprie radici umanistiche e cristiane e ci hanno regalato Benessere, Democrazia e Costituzione. Ma pastori generosi e sapienti non mancano neppure oggi anche se vengono irrisi o tenuti in ombra. Tocca a noi riscoprirli e valorizzarli.